Cari amici,
avere una pagina blog mi impegna a rivolgermi a voi per tracciare un bilancio del 2017 appena terminato e a dare qualche spunto di riflessione per questo 2018 appena iniziato. Parlo del mio lavoro di attore e regista innanzitutto, ma non posso fare a meno, da questo punto di osservazione di guardare alla realtà che mi circonda e che in parte spero di contribuire, come tanti, a rendere migliore grazie al teatro, che per quanto sia piccola cosa tanto occupa del destino culturale del paese e, per mia fortuna, del mio essere cittadino in questa Italia che manda segnali contraddittori, come ormai da anni avviene, circa la sua natura che a mano a mano col tempo si rivela.
In realtà non ho bilanci da fare, né consuntivi né tantomeno preventivi. Ribadisco però la convinzione che il teatro, tra le forme di spettacolo, meglio sarebbe dire di arte “dal vivo”, è quella che meglio incarna i desideri e le reali possibilità di crescita culturale del Paese. Vedo intorno a me purtroppo tanti luoghi comuni, tanta pigrizia, tanta furbizia e opportunismo, tantissima tentazione di adagiarsi sulle rendite di posizione da parte di molti “artisti” che approfittano di un’Italia impaurita e bloccata per giustificare, la propria immobilità, la pochezza di idee, il conformismo più bieco travestito da impossibilità di proporre un cambiamento nelle scelte di nuove forme e nuovi contenuti delle loro opere. Certo così è più facile: non si rischia nulla e alla fine si raccoglie sempre più di quanto si semina. Il risultato però è che l’Italia resta indietro rispetto agli altri paesi, e gli italiani rispetto agli altri popoli.
Qualche mese fa i giovani studenti delle scuole superiori di una città dove lavoro con passione e continuità, e mi riferisco alla piccola-grande Follonica, nel mezzo di un incontro dedicato ad un progetto inserito nell’Alternanza Scuola-Lavoro, ad una domanda circa le loro intenzioni per il futuro, hanno manifestato con una percentuale almeno dell’80% il desiderio di andare a studiare e a lavorare all’estero. La cosa mi ha francamente dapprima paralizzato la mente e subito dopo molto rattristato. Se questo accade nella tranquilla e tutto sommato benestante Follonica, come si può pensare di arginare la fuga ormai galoppante di tanti giovani che vivono nelle aree depresse del paese, che sono tante? Noi in Italia non possiamo permetterci di perdere alcuna intelligenza, alcuna forza, alcun acume, alcuna abilità.
Ecco: se mi fermo a riflettere sul destino di questo 2018, l’impegno che vorrei potermi prendere è quello di lavorare alacremente per ritrovarmi tra quelli che pensano di dover costruire un argine che blocchi quella fuga; e che pensano di farlo subito, ora, senza indugiare. Se se ne vanno i giovani da questo nostro Bel Paese, non ci sarà futuro per coloro che rimarranno e a ben poco serviranno le residue eccellenze che giaceranno negli ospizi che chiameremo case editrici, televisioni, cinema, teatri, conservatori, scuole di teatro, di illustrazione, di scrittura e via dicendo, anche quelle che furbescamente lavoreranno programmaticamente per creare non cittadini al servizio del paese bensì colti emigranti di lusso: italiani di madre lingua inglese.
Penso allora ad alcuni amici che dolorosamente ho perduto nel 2017, alcuni di loro erano colleghi, artisti e teatranti di straordinaria levatura, altri semplicemente persone speciali. Non farò i loro nomi tutti insieme qui ora perché so che nel corso del tempo avrò modo di richiamarli alla memoria mia e di chi li ha conosciuti o anche solo incontrati. So che per rispetto nei loro confronti, in quanti altri da tempo mancano all’appello e in quanti invece continuo a trovare al mio fianco, non potrò fare altro che lavorare in teatro con consapevolezza e responsabilità. A loro e a tutti voi dedico tre scritti sul teatro che in anni diversi trovano tuttavia la loro coerenza e un legame forte con la realtà
Un caro saluto a tutti e un 2018 comunque di bellezza.
Eugenio